Domanda: Quali sono gli elementi che determinano una reale perdita di capelli e, in questo caso, basta affidarsi al consiglio del farmacista o di una pubblicità per correre ai ripari? Quando è fondamentale rivolgersi al dermatologo e quali sono i campanelli che ci avvisano di una probabile futura calvizie.
Risposta: II problema della calvizie e perdita dei capelli spesso viene sottovalutato per cui si comincia la cura ascoltando i consigli dell’amico o rivolgendosi a “esperti tricologi” completamente improvvisati. L’elemento importante è che la perdita di capelli, cioè le alopecia, possono essere legate a situazioni diverse. Possono essere anche un sintomo di varie malattie per cui l’unica figura di riferimento per la diagnosi e la terapia è il medico dermatologo il quale si avvarrà di opportuni strumenti diagnostici e di terapie comunque sempre testate clinicamente e quindi prescrivibili in farmacia.
Questo deve essere sempre il punto da cui partire se vogliamo bene ai nostri capelli e devo dire che questa sensibilità è andata via via aumentando negli ultimi tempi. Per quanto riguarda poi nello specifico il problema calvizie, cioè l’alopecia androgenetica, bisogna ricordare che questa patologia è in aumento. I primi segni sono, oltre che ovviamente un numero aumentato di capelli sul cuscino o nel momento della spazzolatura, un iniziale diradamento temporale e anche un certo rallentamento della velocità di crescita. Voglia sottolineare che la perdita è maggiore tra i 20-30 anni e che è importante una terapia tempestiva. L’alopecia androgenetica è legata fondamentalmente a motivi genetici, ed è provocata dall’azione di un enzima (5alfa riduttasi) che trasforma il testosterone in didrotestosterone metabolita che inibisce il ciclo di crescita delle cellule del follicolo pilifero; inizia dai 20-25 anni per poi continuare in misura minore fino ai 50 anni. Colpisce, ovviamente, l’uomo ma anche la donna (20%) e può essere aggravata naturalmente da abitudini alimentari errate, da malattie metaboliche (diabete, dislipidemie, patologia tiroidea) e, soprattutto, da fattori psicologici.